giovedì 28 luglio 2011

Match di barzellette: ... un mare di risate!!

Anche se dal tempo piovoso non si direbbe ... ebbene sì siamo in estate!! Cosa di meglio allora che rallegrare le nostre giornate con un pò di barzellette da spiaggia?? Per questo ho scelto per voi alcune barzellette in tema di mare sui siti www.buonumore.org e http://www.jndyos.com/!!
Buona lettura!!


Cosa fanno i galli al mare? Galleggiano.


Un marinaio sbarca incautamente su un'isola abitata da numerosi aggressivi granchi giganti. I crostacei lo assalgono in massa e gli si attaccano agli arti inferiori. Viene soccorso dai compagni e portato all'infermeria della nave, dove il medico di bordo gli prescrive la seguente cura: "Vai a fare quattro passi". "E perché'?". "Così' ti sgranchisci le gambe!".

A causa di un naufragio si ritrovarono su un'isola deserta un uomo e Claudia Schiffer. Tra loro nasce una storia. Dopo qualche mese il tipo le dice: "Senti tutto cio' e' molto bello, tu sei proprio carina, ma sento il bisogno di un diversivo. Ti dispiacerebbe se ti vestissi da uomo?". "Ma come ti salta in mente? Io, Claudia Schiffer, simbolo della bellezza femminile mi dovrei vestire da uomo?". "Dai, non ti arrabbiare, su quest'isola ci siamo solo noi, su accontentami...". Dopo molte insistenze Claudia acconsente, si veste da uomo e per un po' le cose vanno bene. Dopo qualche tempo ritornano sull'argomento: "Va bene che tu sei vestita da uomo, ma, sempre per cambiare, non potresti anche parlare da uomo?". "Io con un vocione maschile? Mai..."."Ma dai, ci siamo solo noi su quest'isola... se non ci accontentiamo a vicenda per queste piccole cose!...". Di nuovo dopo molte insistenze la ragazza acconsente, e quando lo incontra parla con voce maschile. Passato un po' di tempo si ripete la storia: "Va bene che sei vestita da uomo e parli da uomo, ma non potrei chiamarti... che ne so... Mario!". "Ma sei impazzito! Io dovrei chiamarmi Mario?!". "No, no, non ti arrabbiare, solo mi piacerebbe che qualche volta io ti potessi chiamare Mario, sai, tanto per cambiare... E' tutto cosi' uguale su quest'isola!". Dopo molte insistenze Claudia (Mario), un po' controvoglia, acconsente. Passa ancora un po' di tempo, e, mentre sono in giro per l'isola, si incontrano. Allora l'uomo si avvicina e dice: "Senti Mario, lo sai che mi sono fatto la Schiffer?".

L'italiano indeciso sul dove andare in vacanza: "Mario Monti".
… il marinaio spiegò le vele al vento, ma il vento non capì.
Perché il mare non e' affatto stupido? Perché è' ... navigato.
Sirena dallo psicanalista: Dottore, non mi sento né carne né pesce ...



La signora Brown e' su una nave da crociera, avvicina il capitano e gli chiede: "Mi scusi, capitano, questa e' la mia prima crociera e mi stavo chiedendo se le imbarcazioni di questa stazza affondano spesso". E il capitano, con lo sguardo fisso all'orizzonte: "No, mai più di una volta".

martedì 19 luglio 2011

... a ognuno la sua risata!!!

Finalmente, dopo tanto tempo, torno a parlarvi un pò del meraviglioso fenomeno della risata!! Ho trovato un articolo molto interessante in cui si parla di come il bambino inizi a ridere, e di cosa vogliano di dire i suoi sorrisi ... e poi di cosa ci dica del carattere delle persone il loro modo di rapportarsi con l'umorismo!! Beh, sicuramente si tratta un pò di generalizzazzioni .... io comunque l'ho trovato molto ricco di spunti su cui riflettere!! mi piacerebbe sapere cosa ne pensate!! questo è il link http://www.pianetadeiclown.it/index.php?option=com_content&view=article&id=14:fisiologia-della-risataperche-si-ride&catid=1:ultime&Itemid=50 aspetto vostri commenti!!

lunedì 18 luglio 2011

Assignment 3

Coltivare le connessioni
Credo che internet sia una grande risorsa.
L’uomo "gettato nel mondo"(per dirla alla Heidegger) ha la necessità di conoscere il mondo per poterlo affrontare.
Sicuramente dunque è una grande possibilità quella che internet offre: trovare informazioni in tempo reale su qualsiasi cosa si desideri.
Però ha dei limiti.
Attraverso internet si possono stabilire, è vero, infinite connessioni.
 Ma come si impara a scegliere quelle giuste? Come si fa a capire cosa davvero c’interessa? A crescere?
In tanti modi, naturalmente. Forse anche usando internet. Ma non solo. Sicuramente non solo in questo modo.
Internet è un’arma a doppio taglio.
E’ molto utile per chi, almeno in linea di massima, sa cosa vuole. Cosa cerca. Una persona così vi troverà non solo ciò che lo interessa, ma inevitabilmente anche nuovi stimoli, nuove risorse seminate per la via. Un risultato meraviglioso!
Ma chi non sa cosa vuole ci si perde.
Offre troppo. Offre un mondo così grande … non a misura d’uomo.
Credo che il blocco psicologico di coloro che non vogliono usare internet dipenda non solo da un’impostazione mentale rigida data loro dalla scuola, ma anche dalla paura di perdersi in un mondo così vasto.
E’ facilissimo essere assorbiti dalla rete.
Sì, perché c’è in internet un aspetto incredibile: funziona come la nostra mente. Davvero, pensiamoci … a differenza della natura, dove non siamo noi i padroni, dove per quanto ci sforziamo siamo sempre succubi, in internet dominiamo. Sì, perché a differenza della natura l’abbiamo creato noi! Dominiamo nel senso che facciamo quel che vogliamo, così come facciamo quel che vogliamo dei nostri pensieri. Non solo, ma in internet ci muoviamo pressoché con i tempi del nostro pensiero. Andiamo in America con un clic, e così pure in Giappone o sulla luna, come quando si sogna. Con il vantaggio che a differenza dei sogni, in cui tutto è vago, qui tutto è preciso, come reale.
Insomma internet è fuori di noi, ma funziona come noi. Questo non può non sedurci … possiamo saltare da un sito all’altro così come quando vaghiamo fra i pensieri!
E’ molto pericoloso, questo. Perché rischia davvero di assorbirci, rapirci.
L’essere umano è un corpo che vive in un ambiente. L’ambiente “reale”, la natura, spaventa, perché è altro da noi. Ci pone il problema del come metterci in relazione con essa. L’ambiente virtuale ci toglie questo problema, perché non è altro da noi, ci è mentalmente molto vicino. Ripeto, a differenza della natura internet l’abbiamo creato noi … anche se non lo conosciamo tutto, anche se non sappiamo tutto ciò che c’è dentro, comunque sappiamo che non ci sconvolgerà al pari di una tempesta del mare, di un fulmine del cielo, dello sguardo di una persona vera.
Se siamo persone forti, convinte dei proprio scopi, decise a servirci di internet come di un mero strumento questo non è affatto un problema. Sarà un mondo più facile, ma sicuramente è meno bello della natura vera. La persona forte lo sa e non si fa ingannare dal suo canto di sirena.
Ma se siamo ancora deboli, ancora insicuri, ancora non pronti ad affrontare il mondo, ebbene il rischio di perdersi nella rete è altissimo.
Per questo io credo che la scuola sia un’istituzione fondamentale e imprescindibile.
Oggi presenta troppi difetti. Spesso non ascolta le reali esigenze degli studenti, e rischia di schiacciarli con pretese inutili. Inoltre, soprattutto attraverso i voti, crea dei valori distorti che davvero non aiutano gli studenti …
Andrebbe riformata, dovrebbe essere più libera, più aperta all’ascolto delle esigenze degli studenti, più plastica. Non dovrebbe essere una sorta di ufficio dove tutto va messo a verbale, dove gli studenti vengono incasellati in gerarchie attraverso quei numerini neri scritti sulle pagelle.
Come istituzione però io sono convinta che vada salvata.
Credo sia molto difficile, se non impossibile, crearsi da soli il proprio personal learning environment. Abbiamo bisogno di aiuti e di stimoli. E questi non possono venirci solo dalle cose che leggiamo su un libro o in un sito internet.
La formazione è una cosa naturale, un processo che in un modo o nell’altro avviene nell’anima umana. Così come inizierà a camminare e a parlare un bambino inizierà anche a conoscere cose … ma senza una guida, tutto è più difficile. Così come è più difficile camminare se nessuno ti tiene per mano, o parlare se non c’è una bocca sulla quale leggere le prime parole.
Ecco io credo che come per imparare a camminare e a parlare c’è bisogno di persone vere, di carne e di ossa, anche per crescere ci vogliano persone così. Non bastano i libri, non bastano le infinite ricchezze del mondo di internet. Solo dalle persone, anche se semplici, anche se dicono cose meno interessanti di quelle dei libri, impareremo qualcosa dell’essere umano. E di noi stessi. Solo da qualcuno che ci guardi mentre parliamo e mentre parla. Qualcuno per il quale esistiamo.
Naturalmente questo non deve avvenire solo a scuola, ma dovunque. Sarebbe auspicabile però, nonché doveroso, che ciò avvenisse anche a scuola, un luogo in cui un gruppo di persone compie insieme un percorso formativo che non solo deve servire per loro come singoli ma anche per creare una comunità.
Sì perché penso che anche questa sia una cosa che dovrebbe fare la scuola: fornire gli elementi per fare di un insieme di persone un gruppo, e di tanti gruppi una nazione. Poi magari anche di una nazione un continente e di un continente un mondo intero … ma questa purtroppo è davvero utopia. Si dice che è stata persa la cultura popolare … è vero. La colpevole sarebbe la scuola. Forse. In parte sicuramente. Ma non è lei l’unica colpevole, no di certo. E’ la vita che si è allontanata dalla vita … nella ricerca del progresso, del miglioramento, sono passate in secondo piano le cose più semplici e forse più vere. La via per recuperarle però non è eliminare la scuola, eliminando la scuola si eliminerebbe anche quell’unica risorsa che ci permette di avere almeno un minimo di cose in comune con le persone che abbiamo vicine. Si eliminerebbe anche l’ultimo terreno di scambio che ci è rimasto. Sì, perché ciò che dovrebbe fare la scuola di diverso rispetto a quel che fanno tutti gli altri luoghi della vita in cui comunque s’impara qualcosa, è fornire agli studenti gli strumenti culturali di base perché essi possano interagire serenamente fra loro. Possano capirsi.
E questo di base. Poi certo, se nella scuola si trovano anche degli insegnanti veri che c’insegnano qualcosa di più, e degli amici, allora davvero tutto diventa davvero meraviglioso come dovrebbe.
Non dovremmo demonizzare la scuola, ma fare in modo che diventi così.
D’altra parte tornare indietro non si può. Non si può tornare a vivere della saggezza popolare purtroppo. Perché è la vita che, per un motivo o per un altro, è cambiata.
Quel che voglio dire, in sostanza, è che io credo molto nelle potenzialità di internet, solo che ho paura che se il suo uso non è supportato da delle solide radici costruite nel mondo reale, il mondo dove le persone si vedono per intero, dalla testa ai piedi, e sono fatte di corpi e non solo di pensieri, il mondo in cui ci si guarda negli occhi, in cui si vivono gli affetti, in cui un fiore non solo è bello ma profuma, un ago non solo luccica ma punge, ecco io credo che in questo caso sia molto molto pericoloso. Sì, perché internet con il suo fascino strano contribuisce a creare un taglio netto fra gli esseri umani e la realtà. Se già prima non si hanno dei legami forti, delle certezze, degli affetti, ecco internet fa sì che creare tutto questo diventi ancora più difficile. Non perché sia chissà quale demone, ma semplicemente perché toglie tempo alla realtà, e a volte la vita è anche una questione di tempo. Finiamo per credere che sia più reale internet di nostro figlio se passiamo più tempo davanti allo schermo che insieme a lui.
Credo quindi che la soluzione, la via di scampo a questi rischi, sia la seguente.
Non certo eliminare internet, perché, a parte che è impossibile, non ha senso. E’ molto utile. Nel mondo com’è adesso non se ne può più fare a meno.
Bisogna però riscattare la realtà. Bisogna valorizzare la realtà, tornare a farci affascinare da lei. Questo non significa tornare indietro, non significa buttare il computer nel cassonetto, ma semplicemente farci forza, e non lasciarci impigrire dal mondo comodo e virtuale che ci offre.
Dobbiamo tornare ad amare l’aria vera, i campi e il mare, e non avere paura di dirlo. E dobbiamo potenziare tutto ciò che fa parte del “reale”. La scuola prima di tutto, perché se è vero che non è il luogo ideale dell’apprendimento è vero anche che bisogna essere realistici, e che al giorno d'oggi è così difficile trovare dei luoghi in cui siamo aiutati a crescere come persone che se almeno funzionasse lei sarebbe davvero un bel passo avanti.




martedì 12 luglio 2011

Assignment 6

Quanta poesia sulla ricerca!!

... sull’uomo che come un eroe viaggia alla ricerca di tesori, libri, paesi perduti … che poi non sono che simboli per dire che cerca se stesso.


La ricerca narrata nella poesia, nei libri d’avventura, in filosofia, è come imbevuta di un fascino intenso, parlatene  e susciterete interesse, curiosità, perché quel tipo di ricerca è fatto della stessa materia di cui è fatta la ricerca che silenziosa scava e vive nell’anima di tutti noi.


Parlate di ricerca scientifica e sarà diverso.


Da tanti è percepita come qualcosa di distante dall’uomo. Utile, utilissima, ma fatta di una materia diversa dalla vita. Che comunica in un linguaggio diverso da quello dell’anima.
Ebbene è vero, la ricerca scientifica non parla servendosi di simboli ed emozioni, questo però non deve illuderci che il substrato su cui si muove sia pura realtà, o, meglio, pura oggettività.
Non lo è non perché non sia reale un corpo, un materiale, o un campo elettromagnetico, ma semplicemente perché non avendo una conoscenza totale di quel corpo, di quel materiale, di quel campo elettromagnetico, ne abbiamo un’ immagine nostra, più o meno vicina al reale, ma comunque non l’immagine oggettiva dell’oggetto quale esso è.
Come si fa, allora, partendo da questa nostra umana intrinseca debolezza ad andare avanti nella ricerca, ad avvicinarci sempre di più a quell’irraggiungibile, utopica verità? … o, quantomeno, utilità visto che poi sempre di più si ricerca a scopi pratici più che puramente teorici?
Si parla tanto di metodo scientifico, e questo è giusto. E’ un tema importantissimo, e complesso.
Molto più ovvio, apparentemente, è dire che gli scienziati, per fare nuove scoperte, devono avere la possibilità di accedere agli studi precedentemente svolti sugli ambiti di loro interesse.
Pare una cosa semplice … ma ormai le conoscenze sono così vaste che anche quest’operazione, di per sé meccanica e facile, diventa di un’incredibile complessità, soprattutto se per accedere alle fonti ci sono dei paletti economici.
Relativamente a questo fatto vorrei citare un passo della lettera del settembre 2008 firmata da 33 premi nobel e indirizzata al congresso americano in cui si afferma l’importanza dell’accesso libero alla letteratura scientifica, tema che è di una rilevanza infinita: come si può infatti scoprire il nuovo se non si ha la possibilità di aver ben chiaro fin dove arriva il “vecchio”?
"La letteratura scientifica è la nostra eredità comune. È frutto del faticoso lavoro di centinaia di migliaia di ricercatori e i risultati che documenta sono essenziali per il progresso della scienza(...)Una piccola scoperta in un campo, combinata con una seconda scoperta in qualche altro campo, completamente scollegato dal primo, spesso scatena quel’”Eureka” che dà vita a un clamoroso avanzamento. L’accesso pubblico rende questo possibile.”


Questo problema della reperibiltà delle fonti mi interessa particolarmente perchè anch’io, nel mio piccolo di studentessa del primo anno di medicina, mi imbatto spesso nella difficoltà di trovare le fonti che parlano di ciò che m’interessa da un punto di vista scientifico … per questo sono contenta del fatto che noi studenti abbiamo la possibilità di usare il proxy della rete universitaria in modo da poter accedere anche dall’esterno ai periodici per i quali l’ateneo ha acquistato l’abbonamento. Credo che questa sia una bellissima opportunità che ci viene offerta!
Certo, resta il fatto che non possiamo leggere qualsiasi articolo si voglia ma solo quelli per i quali l’università ha pagato, e che quindi di fatto non c’è un reale accesso pubblico alle fonti, ad ogni modo credo che questo sia un importante primo passo sul quale  in futuro si potrà lavorare.


Sempre riguardo alla lettera inviata dai premi nobel volevo mettere in evidenza il fatto che vi si dice che l’accesso pubblico alle fonti è fondamentale per poter mettere insieme il lavoro faticoso di centinaia di migliaia di ricercatori, e che solo da quest’unione, dall’unione di tante piccole scoperte, potrà scaturire l’eureka, il grido di una grande scoperta.
Ecco ciò che mi colpisce è che ne emerge una immagine del "genio", dell'innovatore, totalmente nuova: ad esclamare eureka infatti non è il singolo, ma un coro di voci, un coro di piccole scoperte di scienziati che pur distanti devono lavorare insieme. E devono svolgere accuratamente, con correttezza, il loro lavoro.


A questo proposito cito l’articolo dell’Economist “Publish and be wrong”, in cui si sottolinea l’importanza del fatto che siano pubblicati e resi facilmente accessibili soprattutto i lavori svolti con accuratezza, indipendentemente dal risultato cui essi pervengono. Soltanto così infatti la comunità scientifica potrà realmente arricchirsi, avendo a disposizione tanti piccoli elementi di altissimo livello da poter unire in un unico grande risultato. In quest’articolo fra l'altro viene anche fatta un’accusa relativamente al fatto che spesso invece le riviste più importanti pubblicano le ricerche i cui risultati sono più “hot”, ma spesso, proprio per questo, sono sbagliati, mentre i lavori svolti con più accuratezza, ma meno d’impatto, sono invece relegati a riviste più sconosciute … insomma in quest’articolo si legge che le dinamiche economiche che stanno dietro alle pubblicazioni scientifiche tendono a privilegiare il romantico eureka del genio solitario piuttosto che quello più realistico e moderno gridato dalla comunità scientifica nella sua globalità. Un eureka che arriva più lentamente, forse, con meno sorprese, ma che porta a un risultato più definitivo.


E’ leggendo articoli come questo o come “signs of the times” (sempre dell’economist, vi si parla del fatto  che è importante rendersi conto di quali sono i criteri in base ai quali sono stati svolti gli studi scientifici che stiamo leggendo) che ci accorgiamo di che cosa significa dire che il campo in cui si muovono le scienze, tutte le scienze, non è fatto di oggettività: significa che nelle maglie della nostra rete conoscitiva possono scavarsi uno spazio miriadi di punti di vista che possono distorcere a dismisura la nostra rete fino a renderla assai distante da ciò che essa è in realtà. Per questo è fondamentale avere a disposizione il maggior numero possibile di fonti, ed imparare ad usarle sapientemente …